Il 7 novembre 1339, fu eletto doge Bartolomeo Gradenigo, ormai prossimo agli 80 anni, con ben 32 voti. Aveva ricoperto numerose cariche pubbliche tra le quali quelle di Podestà di Ragusa e Capodistria nonché procuratore assieme ad Andrea Morosini. Contribuì quindi ad arricchire il tesoro di San Marco, grazie al suo fiuto artistico e commerciale.
Vedovo di una Cappello, si era risposato con una Maddalena di ignoto casato ma alcuni dicono che tra le due c'era stata un'altra moglie, sorella di Andrea Dandolo. I sei figli, tutti maschi, li aveva avuti dalla prima moglie e si dette da fare per farli arricchire. Viste le altre due mogli qualcuno pensò anche che fosse un cacciatore di doti. Per diminuire la sua influenza i correttori della Promissione ducale fecero approvare un decreto in cui si proibiva al doge ed alla dogaressa d'intraprendere qualsiasi attività commerciale.
Questo però avvenne solo il 29 novembre 1342, un mese prima della fine del dogado che si era svolto tranquillo salvo la solita rivolta a Creta e le incursioni dei Turchi nell'Egeo, cosa che costringeva Venezia a tenere stabile una flotta in quelle acque. Con Genova si continuava a sopportarsi vicendevolmente avendo raggiunto un accordo per il commercio in Crimea.
L'avvenimento più importante di questo breve dogado fu la spaventosa tempesta che si scatenò su Venezia il 15 febbraio del 1340 ed i cui vari elementi contribuirono alle acque di superare le difese a mare del Lido e di Pellestrina. Alla terribile innondazione è legata la suggestiva leggenda "dell'anello del pescatore".
In quella tremenda notte un vecchio pescatore al riparo con la sua piccola barca sotto il ponte della Paglia, vede sulla riva d'imbarco, al chiarore di un lampo,un uomo dal fiero aspetto che gli fa cenno di accostare; sale a bordo e gli ordina di portarlo a San Giorgio Maggiore. Il vecchio pescatore non ha il coraggio di dire di no e quindi attraversa il bacino. Una volta arrivato a destinazione si unisce a loro un giovane guerriero che a sua volta ordina di andare al Lido. Con quel temporale era una pura pazzia ma, ancora una volta, il pescatore cominciò a remare e riuscì ad arrivare a destino. Monta in barca un vescovo con tutti i paramenti che ordina di andare verso il mare aperto. Ad un certo punto incrociarono un'enorme inbarcazione con delle vele nere, dei diavoli come ciurma e Belzebù stesso al timone.
I tre passeggeri alzano la mano destra e fanno tre segni di croce e la nave s'inabissa mentre la tempesta si calma all'istante. Riportò ai loro posti i tre personaggi e l'ultimo a scendere gli porse un anello da consegnare al doge al quale poi doveva dire che nella barca aveva trasportato San Nicolò, San Giorgio e San Marco Evangelista.
Il pescatore fu creduto dal doge perché l'anello era quello conservato nel tesoro di San Marco e quindi solo una mano divina poteva averlo preso. Quindi il pescatore ebbe la dovuta ricompensa.
Il tremendo fortunale fu preso come un segno contro i piccoli traffici non tutti onesti che si facevano a Venezia (doge compreso) e quindi come un castigo di Dio. Nel 1340 si contavano a Venezia 11.654 pubbliche meretrici alle quali ricorreva anche parte del clero pur predicando contro dal pulpito. Altri vedono in questa tempesta e nell'eccezionale acqua alta precedente dell'8 marzo 1342 un segno premonitore della peste che colpì la città nel 1347.
Ma il doge non la conobbe perché morì il 28 dicembre 1342 e fu sepolto in un bel sarcofago nell'atrio della basilica di San Marco.
MODI DI DIRE
Piato de Pavia, co se ga magnà se buta via
(Piatto di Pavia, terminato di mangiare si butta via)
Si usa questa espressione quando capita di consumare una pietanza su un foglio di carta od un piatto di cartone che verranno buttati via quando si è finito di mangiare.
PS - Il nome della città di Pavia serve solo per fare la rima.
Caro Elio sono passato per portare il mio caro saluto.
RispondiEliminaCiao e buon pomeriggio caro amico con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Grazie Tomaso, sei sempre il benvenuto qui da me. Ricambio i tuoi saluti.
EliminaMolto interessanti la storia del doge e le vicende che hai raccontato. Adoro la Storia e questo tuo post mi è piaciuto particolarmente.
RispondiEliminaCiao Daniele, come noterai dal titolo, è il mio 53° post sui dogi e devo arrivare al 170° che è stato l'ultimo dei dogi deposto da Napoleone. Grazie del complimento ed a presto.
EliminaCaro Elio con tutto quello che hai da raccontarci, non puoi mollare...
RispondiEliminaI tuoi post non sono mai banali.
Un saluto affettuoso.
Grazie dell'incitamento Gianna. Cercherò di imitare te e Paola. Ricambio il saluto ed invio un amichevole abbraccio a tutte due.
EliminaCiao Elio,
RispondiEliminasempre interessanti i tuoi reportage-storici.
Un amichevole abbraccio.
Grazie Nigel. Ricambio l'abbraccio.
EliminaHolà Elio , a me è piaciuta la vicenda dell'anello del pescatore . Ogni tanto ,
RispondiEliminauna vicenda "leggera" fra tante guerre , ti solleva l'anima .
Happy week end to you , Denise , and the cats . Laura
All'inizio ero incerto se pubblicarla ma, poi, ho deciso d farlo proprio per quello che dici tu. Un po' di leggerezza fa bene ogni tanto. Quello che invece mi ha meravigliato è il numero di mertrici esistenti a quel temmpo perché ai miei tempi erano al massimo una decina (almeno quelle conosciute) e se rapportiamo al numero di abitanti la percentuale è ancora più stupefacente.
EliminaBuon WE anche a te e famglia.
Post interessante e piacevole la leggenda.
RispondiEliminacome dice Gianna, i tuoi post non sono mai banali e quindi è bene non mollare!!!!!
Bello il ritratto della cara Ambra: chi ne è l'autore?
Ti ringrazio degli auguri e ti lascio il mio abbraccio
Ciao Paola, grazie anche a te per l'incitamento. Il ritratto di Ambra, se ricordo bene, mi è stato inviato da Sciarada e non ho pensato di chiedere l'autore. Ricambio l'abbraccio.
RispondiElimina