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I MODI DI DIRE, PUBBLICATI IN CALCE AI POST RIGUARDANTI VENEZIA, SONO TRATTI DAL LIBRO "SENSA PELI SU LA LENGUA" DI GIANFRANCO SIEGA - ED. FILIPPI EDITORE VENEZIA O DA "CIO' ZIBALDONE VENEZIANO" DI GIUSEPPE CALO' - CORBO E FIORE EDITORI.
SPERO CHE GLI AUTORI APPREZZINO LA PUBBLICITA' GRATUITA E CHE IO NON SIA OBBLIGATO A SOSPENDERNE LA PUBLICAZIONE.
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I MIEI AMICI LETTORI

mercoledì 8 febbraio 2017

51° DOGE - GIOVANNI SORANZO (1312-1328)


Il conclave che elesse il successore di Marino Zorzi fu breve. Il 13 luglio 1312 fu nominato doge Giovanni Soranzo. Nato nel 1240 aveva un glorioso passato militare come generale nella guerra di Ferrara e fu ammiraglio contro i genovesi a Caffa oltre ad essere podestà a Chioggia e Ferrara contribuendo a reprimere le congiure verificatesi dopo la "serrata" del Maggior Consiglio.
Fu sufficiente un anno perché arrivasse alla pace con il Papa Clemente V, anche se, forse, fu più merito del suo ambasciatore ad Avignone nel 1313, Francesco Dandolo, se fu tolta la scomunica.
A seguito di questo fatto tutto cambiò. Rispetto per la città, le città dell'Istria e della Dalmazia rinnovarono l'obbedienza. Inoltre la città concluse una serie di trattati con il duca di Bramante, l'imperatore di Tebriz ed il conte di Fiandra e Bruges.
La città si arricchiva di nuove industrie e numerosi artigiani trovavano nella laguna  un ambiente adatto a sviluppare la loro attività. Aumentava il numero degli abitanti e si dovette realizzare un ampliamento della cinta urbana con imbonimento di barene, naturalmente il tutto soggetto all'idonea protezione delle sponde e sotto il controllo dei "capi-sestiere" (ricordo che Venezia è divisa in sestieri e non in quartieri).
L'avvenimento che diede più lustro al dogado di Soranzo fu il dono personale che ricevette dal re di Sicilia, Federico d'Aragona, nel 1316 : un leone ed una leonessa, simboli viventi della Repubblica veneta (eccezione sulla proibizione legale che il doge potesse ricevere doni personali). Furono sistemati in una stanza al pianoterra del Palazzo Ducale trasformata in gabbia. Vennero alla luce tre leoncini ed il lieto evento fu considerato di buon auspicio. Un leoncino fu regalato dal doge a Cangrande della Scala, signore di Verona che a quel momento non costituiva un pericolo.
Giovanni Soranzo fu onorato anche dalla visita di Dante Alighieri quale ambasciatore di Guido Novello da Polenta.
Si racconta che il poeta fu invitato dal doge ad una cena a base di pesce. Tutti quelli che lo precedevano a tavola sceglievano dei grossi pesci (penso che ancora oggi sia così) e quando il piatto arrivò a Dante restavano solo i più piccoli. Dante ne prese uno e se lo mise all'orecchio. Il doge, naturalmente, gli chiese cosa volesse significare e la risposta fu : " Mio padre è morto in questi mari e chiedo al pesce delle notizie sul genitore. Mi dice che lui ed i suoi compagni sono troppo giovani e non si ricordano , ma che qui ce ne sono di vecchi e grandi che sapranno sicuramente darmi delle novelle". Il doge gli fece inviare immediatamente un grande pesce.
Solo un mese dopo, Dante morì a Ravenna a quanto pare di febbre malariche. Cercate, se possibile, di non vedere un nesso.
I problemi il doge li ebbe in modo particolare dai suoi familiari a cominciare dalla moglie, Francesca Molin, che accettò doni (malgrado la Promissione ducale) cosa che provocò l'intervento dei "correttori" per ricordarle i suoi doveri. La pecora nera della famiglia fu, suo malgrado, la figlia Soranza che aveva sposato Nicolò Querini, detto "el zoto" - lo zoppo (pronunciare "el soto") complice della congiura del 1310. Ritornò a Venezia dall'esilio contro la sentenza del Consiglio dei dieci (confidando nell'autorità del padre) ma fu condannata alla reclusione perpetua in una casetta vicino all'ospizio di Santa Maria delle Vergini. Non ottenne mai la libertà pur avendo la concessione di visitare il padre ammalato.
Il doge morì, con questa amarezza nel cuore, il 31 dicembre del 1328 e fu sepolto in un'urna nel battistero di San Marco.

MODI DI DIRE

Aver più corni de un sesto de bovoi
(Avere più corna di un cesto di lumachine)

Il detto, dal chiaro significato, è fondato sull'erronea convinzione che i tentacoli delle lumachine, alle cui estremità si trovano gli occhi, siano delle corna.

PS - Barzelletta che accompagna quanto sopra :
Cena a casa di un grande signore il quale, naturalmente viene servito per primo e prende il pesce più grande. La moglie, alla sua destra gli dice : "Vergognati avresti dovuto prendere il più piccolo". Nel frattempo il cameriere aveva fatto il giro della tavola (verso la sinistra) con il vassoio ed il marito: "Cosa avresti fatto tu ? " E la moglie : "Avrei preso il più piccolo". Il marito " Guarda ti sta arrivando".

14 commenti:

  1. Questo racconto , è forse il più tranquillo e sereno di quelli letti fino ad ora .
    Noto che non ci sono menzionate grandi guerre , e poi hanno ANCHE tolto la
    scomunica .....Non capisco però che abbiano penalizzato la figlia Soranza essendo
    stato il marito a far parte alla congiura . Mah!!! Forse a quei tempi....
    Le mie figlie abitano in Via Dante Alighieri essendo passato lui x quel antico
    " Carrugio " come Calle a Venezia . Abbracciooooooo Laura

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    1. Anche se non ci sono state guerre ha sempre consolidato il potere della Repubblica Veneta all'interno dei confini. A quei tempi, quando qualcuno commetteva un errore, in modo particolare politico, era tutta la famiglia che ne prendeva e, certe volte, anche tutto il casato quando si trattava di offesa allo Stato. Alcuni avevano la testa tagliata, altri venivano squartati in Piazza San Marco o impiccati tra le due colonne e le loro case venivano bruciate. L'esilio era ancora il male minore ma non si poteva trasgredire.
      Per Dante, visto che ha viaggiato molto nell'Italia del nord, è normale che in quasi tutte le città ci sia una via a lui dedicata se non un monumento alla sua gloria. Penso che non ci sarà mai una via "Elio Naldori" (forse perché sono già al di là di "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai ..."(ha, ha,ha).
      Ricambio l'abbraccio.

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    2. Beh! nemmeno una Laura , magari fossi quella del Petrarca ....Ma che me
      ne importa. In fondo , "Nel cammin di nostra vita " abbiamo fatto quello
      che abbiam potuto e va bene così . Non tutti possono nascere o essere
      dei geni .
      Però erano violenti questi Veneziani....ah la Politica cosa fa fare!!!
      Gute Nacht an die Katze und Euch auch . Laura

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    3. Ma almeno sei quella di Roberto. Se le strade fossero intestate solo ai geni avremmo probabilmente dei problemi di scelta ma poi ci sono anche i cantanti, gli attori, i politici e quindi si può scegliere. Ciao und aufwiedersehen.

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  2. Interessante questo racconto, anche per il fatto che questo doge ha avuto a che fare con Dante :) Ah, il modo di dire è molto divertente ^^ anche se non penso lo sia poi così tanto per chi lo subisce, mi sa ^^

    Un saluto e buon fine settimana :)

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    1. Grazie Maurizio penso che ciascuno di noi non amerebbe essere definito "un sesto de bovoi", eppure ce ne sono nel mondo come pure nella Repubblica Veneta durante il Carnevale. Buon fine settimana anche a te.

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  3. La mia raccolta aumenta grazie. Buona fine settimana.

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    1. Verrò a trovarti tra poco per vedere le novità. Buona settimana.

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  4. Storia molto interessante e carina la barzelletta. Ho lasciato una risposta al tuo più recente commento. Buona domenica!

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    1. Grazie Erika, vengo a leggere la risposta. A tra poco.

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  5. Coucou Elio. J'ai encore de la place dans mon meuble (il se trouve dans la salle à manger).
    Ne t'inquiète pas pour les dés de Venise. Tu m'en as déjà offert un.
    Oui, la patience est une grande qualité. J'espère que tu te rétablis bien.
    Bon dimanche

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    1. Va bene Elisabete, la pazienza è la virtù dei forti. Un caro saluto.

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  6. quella dei corni e del cesto di lumache è in uso anche da me

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    1. Penso che nei vari dialetti la si trovi un po' dappertutto. Il libro da cui li traggo è in veneziano per cui li trascrivo pari pari essendo io, come sai, veneziano. Ciao.

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