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I MODI DI DIRE, PUBBLICATI IN CALCE AI POST RIGUARDANTI VENEZIA, SONO TRATTI DAL LIBRO "SENSA PELI SU LA LENGUA" DI GIANFRANCO SIEGA - ED. FILIPPI EDITORE VENEZIA O DA "CIO' ZIBALDONE VENEZIANO" DI GIUSEPPE CALO' - CORBO E FIORE EDITORI.
SPERO CHE GLI AUTORI APPREZZINO LA PUBBLICITA' GRATUITA E CHE IO NON SIA OBBLIGATO A SOSPENDERNE LA PUBLICAZIONE.
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I MIEI AMICI LETTORI

giovedì 30 giugno 2016

45° DOGE - RENIER ZEN (1253 - 1268)

Morto il Morosini, il conclave per eleggere il nuovo doge andò per le lunghe visto che la data di elezione di Renier Zen può essere compresa tra l'8 ed il 25 gennaio del 1253. Uomo d'armi di primo piano come generale da mar, ossia comandante in capo della flotta durante la riconquista di Zara (1244) e stretto collaboratore di Jacopo Tiepolo nell'impresa di Ferrara (1240). Fu anche ambasciatore al concilio di Lione e ricoprì la carica di podestà in diverse città. Mentre si trovava con questa carica a Verona, fece costruire la chiesa di San Francesco ma quando fu a Bologna incorse in una scomunica per aver convinto i cittadini a non pagare le imposte pontificie.
Era molto ricco : abitava a Santa Sofia, ma aveva altri due palazzi a Chioggia ed a Torre di Bebbe; possedeva vigne in diverse località della terraferma e della laguna e pefino in Istria, oltre ad una settantina di case. Dall'esame del suo testamento il patrimonio consisteva  in circa 50.000 lire veneziane equivalenti oggi a più o meno a 1.500.000 euro.
Ma non siamo ancora arrivati a questo punto della sua vita. Era sposato con Aluica dei conti da Prata (patriziato veneto) che come dogaressa si interessò molto ad opere pubbliche come, per esempio, all'ospedale di San Marco, sul campo Ss Giovanni e Paolo.
Renier tardò ad assumere il dogado perché all'elezione si trovava come podestà a Fermo e la nomina gli fu confermata dal suo concorrente, Marco Ziani, che si recò a Fermo con dodici patrizi imbarcati su quattro galee. Quindi il doge arrivò a Venezia il 18 o il 28 febbraio e fu accolto con grandi festeggiamenti conclusi con una giostra "internazionale" visto che vi parteciparono molti cavalieri di varie nazioni. Tra tutti si distinse proprio Marco Ziani primeggiando in questo sul doge che guardava dalla loggia di San Marco, con tutti i notabili, lo spettacolo che si svolgeva sulla piazza. Il doge si recò anche alla chiesa di Sant'Antonio a Padova per ringraziarlo della nomina visto che lo riteneva suo protettore.
Terminati i festeggiamenti, il nuovo doge si trovava con una situazione piuttosto convulsa nell'entroterra veneto e nel Levante.
Nell'Italia settentrionale, alla morte di Federico II, guelfi e ghibellini crearono il caos. Quindi i ghibellini Ezzelino ed Alberico da Romano non potendo contare su Manfredi, erede legale dopo la morte di Enzo nel carcere, decisero di prendere le cose in mano e si impadronirono della Marca Trevigiana. Il Papa, Alessandro IV indisse perciò una crociata contro di loro alla quale partecipò anche Venezia. Nel 1256 venne liberata Padova, ma Ezzelino ed Alberico si rifecero in seguito sconfiggendo i crociati in diversi scontri. Furono però traditi dagli altri capi ghibellini, gelosi del loro successo, che si allearono con i comuni guelfi. Le truppe dei da Romano furono sconfitte nel 1259 a Cassano d'Adda e quello stesso anno morì Ezzelino. L'anno successivo, Veneziani e Trevigiani piombarono su Alberico trucidando tutta la famiglia e giustificando il loro operato come una giustizia divina visto che, secondo una diceria popolare, i da Romano erano posseduti dal diavolo.
L'entroterra fu così liberato ma ricadde successivamente sotto il dominio degli Scaligeri e dei Carraresi che, a tempo debito, Venezia avrebbe dovuto combattere da sola.
Nel resto dell'Italia la Repubblica cercò di restare neutrale patteggiando con questo e con quello. Si mise d'accordo per l'esportazione del grano dai porti della Puglia prima con Manfredi e poi con Carlo d'Angiò firmando un trattato a Viterbo nel 1267.
Nel levante però i genovesi che nel 1253 non avevano rinnovato il trattato, si riaffacciarono nelle acque di Costantinopoli e, per arrivare ai fatti, si aspettò la prima occasione (si presentò, nel 1255, per un banale litigio sulla proprietà del Monastero di S. Saba, vicino San Giovanni d'Acri). La prima mossa fu dei genovesi che si impossessarono della chiesa e saccheggiarono il quartiere veneziano. Naturalmente Venezia non poteva stare a guardare e Lorenzo Tiepolo prese il comando della flotta impadronendosi di San Giovanni d'Acri, incendiando la flotta dei genovesi e saccheggiando il loro quartiere. Distrusse il monastero di S. Saba portandosi via i due pilastri della chiesa che furono installati alla porta del battistero di San Marco.
Malgrado l'intervento del Papa che voleva organizzare una nuova crociata, le due repubbliche continuarono a scontrarsi e si giunse così ad un affrontamento delle due intere flotte. I Veneziani distrussero 24 galee con più di 1700 morti genovesi.
Genova, sconfitta, si accordò allora con Michele II Paleologo, che si trovava sul trono di Nicea, offrendogli l'aiuto per ristabilire l'impero greco al posto di quello di Bisanzio sotto condizione che le venissero attribuiti i privilegi di Venezia. Il tutto si concretizzò nel "trattato del Ninfeo" (1261) per il quale il Paleologo avrebbe avuto la riconquista dell'intero dominio bizantino, comprese le Cicladi, Candia e Negroponte e Genova acquisiva il diritto di aprire un quartiere autonomo in ogni porto, il possesso di Smirne e del quartiere veneziano di Costantinopoli. Inoltre le navi della Serenissima dovevano essere escluse da ogni scalo nel territorio bizantino. Il piano fu segretamente concluso il 23 marzo ed attuato il 25 luglio con l'insediamento di Michele Paleologo a Costantinopoli. Aveva così termine l'impero latino d'Oriente.
Venezia, colta di sorpresa, mise in stato d'allarme tutte le sue armate navali sparse nel Mediterraneo per salvare il salvabile e conservare almeno in parte le franchigie commerciali finora godute.
Un primo risultato lo ottenne con la splendida vittoria di Gilberto Dandolo sulla flotta genovese al largo delle coste della Morea nel 1262, ma i genovesi avevano nel frattempo stabilito un grande scalo a Caffa, all'imbocco del Bosforo, dominando così l'accesso al mar Nero.
Venezia insistette e l'anno successivo l'armata genovese di Pietro Grimaldi subì una nuova grave sconfitta presso l'isola dei Sette Pozzi, sempre da parte di Gilberto Dandolo. Questi scontri non potevano durare in eterno perché non portavano niente ad entrambi i contendenti e quindi Venezia concluse con il Paleologo una tregua di cinque anni, grazie alla mediazione del Papa Clemente IV e del re Luigi IX di Francia. Ormai però il dominio mercantile di Venezia era temporaneamente finito per parteggiarlo con Genova.
Nel 1270, alla scadenza della tregua, Venezia siglò la pace con Genova e con l'imperatore riuscendo a mantenere i privilegi ma essendo territorialmente presente solo in Candia, nella Morea e nell'arcipelago. Ma a questa data il doge Renier Zen era già morto.
Aveva trascorso gli ultimi anni in un clima molto teso. Perdendo il predominio mercantile sui mari, si dovette ricorrere a vari dazi, tra i quali uno sul macinato, che provocarono risentimenti nella popolazione. Il popolo infuriato prese a sassate il doge costringendolo a rinchiudersi, assieme ai consiglieri, in Palazzo Ducale. Non riuscendo ad invaderlo i rivoltosi si sparsero in tutta la città saccheggiando le case dei più ricchi cittadini. Per mettere fine a questa situazione il doge fece togliere i dazi e, la calma sopravvenuta, si riuscì a mettere le mani sopra i capi della sommossa ed a farli giustiziare.
Renier Zen è collegato anche alla compilazione di un codice in 129 articoli che riguardava l'amministrazione della giustizia ed intitolato Statuta et ordinamenta super navibus et aliis lignis che regolava anche il trasporto delle merci sulle navi ed il traffico sui mari di competenza. Questo statuto fu reso più efficace con un decreto del Maggior Consiglio nel 1283.
Renier Zen morì il 7 luglio 1268 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo.
PS - Su alcuni testi questo doge si trova anche sotto il nome di Ranieri Zeno.
MODI DI DIRE

In mancansa dei gamberi xe bone anca le sate
(In mancanza dei gamberi sono buone anche le zampe)

Sta ad indicare che non sempre si può ottenere quello che si vuole e che bisogna accontentarsi di altra cosa.

10 commenti:

  1. Caro Elio, è veramente interessante, e sorprendente la tua conoscenza di tutti i Doge della Repubblica Veneziana, sicuro che avrai una ricca enciclopedia.
    Ciao e buona serata caro amico, con un abbraccio e un sorriso:)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso non ho un'enciclopedia ma un libro che si intitola "I dogi - Storia e segreti" di Claudio Rendina che riprende la vita dei 120 dogi di Venezia. Certo che una parte della storia la conosco ma non così profondamente come il suddetto autore. Ricambio il tuo abbracio ed il tuo sorriso ... e "duri i banchi" come si dice nel Veneto.

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  2. Gracias a ti, amigoerando de la his tSaludo9s manalo

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    1. Gracias Manolo por la visita y el comentario. Buena semana.
      PS - Se ci sono errori la colpa è di Google. (hi hi hi).

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  3. Sei sempre molto esauriente e chiaro, grazie per la tua condivisione.
    Buon luglio

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    1. Grazie a te Anna verrò ritrovarti al più presto.

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  4. Certo che ha avuto una vita molto, molto impegnativa. Buona domenica Elio !

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